domenica 21 luglio 2013

Le mie riflessioni dopo il Vioz

Ho deciso di mettere per iscritto questa mattina quante più emozioni vissute e riflessioni elaborate durante i due giorni trascorsi insieme e nelle ore successive perché ci tenevo a non dimenticarne nessuna.

Vivere un’esperienza al di fuori del contesto aziendale aiuta a conoscere le persone più per le loro qualità di uomini che di professionisti, ben consapevole che alcuni hanno maggior propensione a mostrarsi per ciò che sono, altri meno. Luigi ha più volte stimolato il gruppo ad esprimere le proprie emozioni, ma non è sempre stato facile. Ognuno è stato più o meno abituato nella propria vita ad aprirsi e ad esternare i propri sentimenti agli altri. Siamo tutte persone che lavorano da diversi anni e in azienda siamo costantemente impegnati a guardare i numeri, prendere oggettivamente delle decisioni, gestire lo stress, analizzare i rischi, capire le cause, risolvere i problemi e ottenere dei risultati.

Occasioni come queste capitano raramente. L’opportunità di raggiungere un obiettivo comune così diverso da quello a cui siamo normalmente abituati e in un contesto, a mio parere, perfetto per condividerlo, è preziosa per rafforzare e amalgamare un gruppo. Ritengo che la montagna sia un ideale palcoscenico in cui si intrecciano la natura, l’imprevedibilità, la dinamicità, l’ampia visione, la visione dall’alto, la disciplina, il silenzio, la riflessione, il rispetto, l’aiuto, la fatica, la fame, la sete, la preoccupazione, la paura e la gioia.

E’ in questo contesto che il gruppo mostra le limitazioni, le debolezze e le preoccupazioni dei singoli. Le persone che hanno vissuto con più difficoltà questa esperienza, per la fatica della salita e della discesa, per le lunghe ore di cammino, per l’asprezza dei sentieri, per l’alta quota, per la mancanza di sonno, hanno certamente allenato la propria resilienza, hanno saputo soffrire e superare gli ostacoli con incredibile determinazione. Chi per limitazioni o problemi fisici, chi per mancanza di allenamento, chi perché non abituato alla montagna, ognuno ha trovato dentro se stesso e con l’aiuto e l’esempio del gruppo la forza e lo stimolo per proseguire.

Altri, o gli stessi ma in momenti diversi, hanno invece saputo vedere le difficoltà o i momenti di sconforto dei compagni, adoperandosi per aiutarli lungo il cammino o presso il rifugio. In queste fasi si è percepita la forza del gruppo che è riuscito a mescolare i punti di forza di alcuni con i punti di debolezza di altri, trovando il migliore ma non sempre facile equilibrio. Chi aiuta e aspetta gli altri e chi si fa aiutare e fa aspettare gli altri, entrambi con il giusto spirito. In questo è determinante l’obiettivo comune del gruppo e l’attitudine e le capacità dei singoli, perché l’equilibrio è di tipo instabile.

Merita poi ricordare il goliardico spirito che abbiamo vissuto tra noi nella camerata all’intero del rifugio, tra risate e battute come spensierati ragazzi in colonia durante le vacanze estive. Ci stava.

Credo che questa esperienza abbia contribuito a migliorare questo gruppo, abbia dato l’opportunità di conoscere qualche lato nuovo di qualcuno, di confermare delle impressioni, di modificarne di altre, di togliere qualche filtro o barriera personale per farsi conoscere o per conoscere, di creare un nuovo feeling, di instaurare maggior fiducia, semplicemente interagendo, parlando, ascoltando, condividendo, osservando, riflettendo. Sono però convinto che la vera sfida di medio termine sia quella di migliorare noi stessi a lavorare e collaborare con qualsiasi nuovo gruppo apparterremo in futuro, più o meno numeroso, più o meno omogeneo per attitudini, capacità e culture personali, per periodi più o meno lunghi, in contesti e con obiettivi diversi.

Infine, penso che tutti ne siamo usciti arricchiti da questa esperienza. Per diversi motivi. Per motivi più didattici, come definire e creare un team di lavoro, organizzare un’attività di gruppo, definire e raggiungere un obiettivo comune. Per motivi più personali, come interagire all’interno di un team e conoscere quali sono le difficoltà che si incontrano insieme e come le si superano, conoscere meglio gli altri e noi stessi, saper aiutare e farsi aiutare, capire i nostri limiti, saperli affrontare, accettare, superare, migliorarsi. Capire quando è il momento di fermarsi.

Ringraziamenti: a Maurizio, Andrea e Alessandra per aver fortemente voluto e organizzato questa bellissima esperienza formativa, ad Alessandro e Andrea che con il loro esempio, determinazione, trasparenza, forza, umanità e fragilità si sono inseriti naturalmente all’interno del gruppo, aiutandoci a riflettere e permettendoci di affrontare nel modo migliore quest’avventura, a Luigi e Tania per averci seguito in modo professionale, suggerendoci i giusti temi di riflessione e fornendoci i contenuti didattici, alle guide alpine, Davide e Massimo, che ci hanno sempre vigilato con discrezione comunque facendoci sentire sicuri, ai fotografi, Marco e Matteo, che con grande abilità e coraggio ci hanno immortalato regalandoci le immagini che ci ricorderanno questa esperienza, al nostro Team Leader e aiuto Team Leader, Marco & Marco, che si sono prodigati per la realizzazione dell’evento e, infine, a tutti noi che abbiamo partecipato, nel modo in cui ognuno si sentiva, ma abbiamo partecipato, condiviso il progetto e raggiunto l’obiettivo comune. Bravi a tutti!     

3 commenti:

  1. Bravissimo Guido! Sei riuscito a descrivere molto bene le riflessioni che anch'io ho impresso nella mia mente oggi ripensando al crescendo di emozioni ed energia positiva accumulata nei 2 giorni del Vioz. La stanchezza fisica è passata in secondo piano al cospetto della carica mentale acquisita, della consapevolezza che sappiamo far squadra ed essere un' unica compagine di fronte alle difficoltà e alle sfide che troviamo durante il cammino.

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  2. Guido, hai scritto delle parole toccanti. Grazie ....

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  3. Rileggendo il tuo Post mi colpisce molto la frase "Luigi ha più volte stimolato il gruppo ad esprimere le proprie emozioni, ma non è sempre stato facile. Ognuno è stato più o meno abituato nella propria vita ad aprirsi e ad esternare i propri sentimenti agli altri. Siamo tutte persone che lavorano da diversi anni e in azienda siamo costantemente impegnati a guardare i numeri, prendere oggettivamente delle decisioni, gestire lo stress, analizzare i rischi, capire le cause, risolvere i problemi e ottenere dei risultati."

    Mi piace dove scrivi "siamo tutte persone". Spesso la quotidianità, i numeri, i budget ci distraggono e ci dimentichiamo che siamo persone. Con le nostre simpatie ed antipatie. Con i nostri limiti. Con le nostre aspirazioni.
    ma io penso che il Gruppo sia un luogo dove possiamo apprendere molto di noi. Guardando gli altri, possiamo capire molto di noi.
    Alessandro ed Andrea ad esempio, mi hanno dato molti spunti di riflessione su me stesso.

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