domenica 28 luglio 2013

giovedì 25 luglio 2013

Riflessioni  sull’esperienza del Vioz
Premetto che  non sono uno scrittore   e  la mia mente, più orientata verso le materie scientifiche, mi ha sempre portato  ad una sintesi estremizzata ed a razionalizzare  la mia quotidianità. Questa premessa    mi serve per  farvi capire  che lo sforzo profuso per scrivere queste righe supera di gran lunga la fatica fisica   dell’ascesa al Vioz, ma  ritengo giusto  che  anche io faccia la mia parte di resilienza.
La mattina del 19 , entrato nella sala  ristorante per fare colazione, ho subito percepito l’adrenalina aleggiare nell’aria. Negli sguardi  dei miei compagni  traspariva una fortissima eccitazione  ed una forte convinzione di voler raggiungere la meta. Sicuramente qualcuno  nutriva dei timori, delle paure,  dell’ansia, delle perplessità verso questa meta   che sembrava  sconosciuta  e allo stesso tempo conosciuta  grazie alle informazioni  raccolte, ma  l’energia positiva che aleggiava nella stanza  riusciva  a  nascondere qualunque  perplessità. Anche i ns compagni che per  problemi personali erano stati costretti a  scegliere  un percorso  formativo  “meno fisico”, erano partecipi  dell’eccitazione che aleggiava e,  con grande  spirito di solidarietà e partecipazione, anziché rimanere a dormire beatamente, si sono  alzati per fare  colazione insieme e ci hanno accompagnato fino alla partenza della cabinovia. Bravissimi!!!!!
L’ascesa  è stata fantastica, alle emozioni   del paesaggio si sono unite mille e più sensazioni: lo sforzo fisico è stato del tutto dimenticato di fronte alla volontà di superare gli ostacoli che si presentavano lungo il percorso, mai una nota di  sconforto  ha offuscato la volontà del gruppo di raggiungere la meta tutti insieme. Passo dopo passo è aumentata la  coesione, la  volontà di far fronte comune  per superare le difficoltà, i momenti di debolezza dei singoli sono stati alienati dall’energia e volontà del gruppo. 
La totale mancanza di un leader  mi ha impressionato e mi ha fatto  ripensare agli insegnamenti di Luigi in aula! Ognuno diventava leader  per  portare la propria “eccellenza” al servizio del gruppo in modo del tutto naturale, senza  stimoli o sollecitazione da parte dei compagni, nel momento  in cui   nasceva l’esigenza. C’era la naturale percezione del singolo che in quel momento  il suo apporto era necessario  al gruppo.
Andrea ci ha dato una grandissima lezione di vita affrontando le difficoltà   del percorso con   positività  e serenità,  è stato  capace di rassicurarci e tranquillizzarci ogni qualvolta ci preoccupavamo per lui  perchè lo vedevamo  profondere  degli enormi sforzi fisici per  superare  ostacoli che sembravano  impossibili ai più. Mi rimarrà sempre impressa nella mente  l’immagine di quest’Uomo (la “U” maiuscola è d’obbligo) determinato, equilibrato, sereno, positivo, consapevole delle proprie capacità, qualità, limiti.
Alessandro è stata una vera sorpresa!  Dai diversi commenti  sul blog è sempre  apparso come  l’atleta che ci avrebbe  portato tutti sulle sue spalle  fino al Vioz. Una persona molto  decisa e sicura delle proprie capacità, sempre disposto ad innalzare  l’asticella del  suo limite personale, il classico  uomo  “mi piego ma non mi spezzo”. In realtà ci ha  dimostrato un’umanità sopra ogni limite ed insegnato la vera resilienza  quando ha capito che  il percorso era  al di sopra delle sue aspettative.
Che dire, due grandi maestri di vita!!!!

Tra i Climavenetiani  ci sono stati dei “guys” a  dir poco stoici.  C’è chi ha affrontato e superato la paura  delle vertigini, chi la  sofferenza fisica dovuta allo sforzo, chi la nausea ed il mal di testa dovuto all’altitudine, chi i dolori alle gambe, chi  i dolori causati dai  calcoli (non mi sto riferendo all’algebra!!), chi pur avendo ogni più piccolo muscolo che “gridava vendetta” ha voluto a tutti i costi  portarsi  lo zaino fino alla meta (e ricordatevi che lo zaino  è pesante  pure in  discesa), chi ha aiutato i compagni di spedizione a superare gli ostacoli, chi si è sobbarcato lo zaino degli altri..........riassumendo  per chi non c’era potrei dire  che  avevamo un bel “fritto misto”.

La permanenza  nel rifugio è stata rallegrata dal cameratismo  che si è subito creato  in queste piccole camere stipate con 8  energumeni che hanno saturato l’aria  e consumato l’ossigeno in poche ore. Qualcuno ha definito l’atmosfera da “ragazzi in colonia” ma dalle battute che  circolavano io la definirei più  un cameratismo da vecchi “naioni” (ndr. Militari in servizio di leva).
Nemmeno in rifugio ci siamo dimenticati  dei compagni che   erano rimasti  a valle, scambiandoci foto  goliardiche sulle diverse esperienze. E’ stato un bel modo per   mantenere uniti i due gruppi.
Un’unica precisazione:  in tale camerata oltre a soffrire la carenza di ossigeno, io ho sentito anche la  mancanza di 10 centimetri di letto che mi hanno costretto a  dormire  in parte  in “in posizione fetale” ed in parte con i piedi a sbalzo sopra la sponda del letto.
E così  alle 5.30  mi son ritrovato con qualche  altro collega sofferente di insonnia, a calpestare  la neve   caduta nella notte, respirando  aria fresca in attesa di  rimanere estasiati  dai bellissimi colori di un’alba mozzafiato.

Molto emozionate è stato il ritorno al “campo base” dove abbiamo ritrovato gli amici che nel  frattempo avevano svolto un percorso diverso. Piacevole lo scambio reciproco di complimenti, soddisfazioni ed emozioni, con la voglia di condividere  l’esperienza “a caldo”.
Per concludere  in bellezza la giornata, o egoisticamente per prolungare  più possibile le emozioni della  “due giorni”, ho accompagnato colui che mi definisce  bonariamente “la zecca feltrina” (ma quanto bonariamente??) nell’ascesa fino a Pejo. Casualmente abbiamo  conosciuto un “locale” che, raccontandoci mille curiosità sul luogo, ci ha guidato  in una “vorticosa” discesa per scorciatoie  accessibili solo ai locali, tra baite ed alpeggi, facendo 800 metri di dislivello negativo  in un’ora per poter assaporare  una  fresca birra  con questo nuovo amico.
E adesso sta a noi applicare tali insegnamenti alla quotidianità lavorativa  e non.
…e con questo anche il mio esercizio di resilienza è terminato. Spero di  avervi strappato  almeno una “rosicata”  sufficienza  senza la solita frase di tutte le mie  prof di italiano che senza fantasia immancabilmente alla votazione aggiungevano il commento: “tema grammaticalmente corretto ma  troppo sintetico”.
Ciao
Luigi

mercoledì 24 luglio 2013

…. a volte basta attendere un attimo per avere maggior chiarezza.

 

Marcello ci scrive …….

L'esperienza del Vioz ha dimostrato che quando l'obiettivo e' chiaro e definito il gruppo funziona e sa coalizzarsi per raggiungerlo.
Come nel Vioz anche in azienda occorre defire una mission che aggreghi tutti in uno o pochi altri obiettivi da associare poi a piccoli e medi tasks.
Guardando dalla cima del Vioz a valle si vedevano in continuazione nubi addensarsi e svanire, nella vita aziendale accade altrettanto ed a volte basta attendere un attimo per avere maggior chiarezza.
Quello che mi sono portato a casa sabato e' stata la soddisfazione di arrivare tutti insieme ed il calore di unirsi ai colleghi che ci aspettavano a valle.
Se dovessi associare le mie sensazioni ad una foto sceglierei quella di Alessandro che nel cerchio finale ammette di essere arrivato ma di aver trovato un suo limite di resistenza.
Non sono convinto che tutti noi abbiamo trovato il nostro ma di sicuro abbiamo trovato lo stimolo a cercarlo.

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Diversità, appartenenza

"Allora, come è andata?" mi hanno chiesto i colleghi al ritorno dall'avventura del fine settimana scorso.
"Abbiamo saputo che la salita al Vioz è stata una bella avventura, ne parlano tutti - c'era perfino un articolo sul giornale...".
"Bella domanda..." ho pensato tra me e me.

"Com'è andata ?" è una domanda che ha un suono diverso per me e per gli altri quattro colleghi che il Vioz l'hanno visto nelle foto del sito del rifugio (e nelle immagini spettacolari che ci hanno mostrato quelli che il Vioz lo hanno vissuto sul serio, in prima persona).
La mia prova di resilienza è stata sicuramente diversa. La nostra prova di resilienza è stata diversa.

Respirare l'aria dell'entusiasmo della prima sera, nella sala TV dell'hotel che ci ospitava, è stato elettrizzante anche per noi che lì sopra non ci andavamo. Ci ha sicuramente fatto piacere che alcuni si siano prodigati fino all'ultimo per tentare di "motivarci" a salire: "Sarebbe bello che anche tu fossi della compagnia!" è un bel messaggio.
Però...
Travolti dall'impeto di partire, arrivare, conquistare, parecchi colleghi si sono dimenticati di chi "rimaneva giù" anche solo per salutare e poter vivere dei minimi scampoli della grande avventura del Vioz. Non un cenno di comprensione, non un messaggio di solidarietà, non un minimo interesse per i motivi della rinuncia (qualcuno se li ricordava, sempre che li sapesse?), non un apprezzamento per il "disturbo" di essere lì senza avere la ricompensa di poter poi dire "ce l'ho fatta".
Ecco la nostra prova di resilienza: non soccombere al pericolo dalla "sindrome di Calimero" che rapidamente ci spostava dal dubbio ("forse avrei potuto provare", "forse sarei dovuto salire"), alla rabbia ("qualcuno si ricorda perché non salgo?"), fino al comodo rifugio della fuga di un "era meglio se me ne stavo direttamente a casa".

Così è iniziato il nostro Vioz. Non uno sforzo fisico, ma lo sforzo mentale di dover riuscire ad accettare (prima di pretendere che fossero gli altri ad accettarlo) non di essere semplicemente i "panchinari" ma di trovarci direttamente in tribuna. Essere una minoranza ma, nonostante questo, appartenere al gruppo. Ammettere e accettare i nostri limiti di poterci essere solo nei primi e negli ultimi momenti della spedizione. Del resto arriva un bel momento in cui si deve tirare una riga rossa e riconoscere i propri limiti oltre i quali c'è l'incoscienza. E saremmo stati dei begli incoscienti a salire, oltreché un peso per tutti...

Poi abbiamo fatto la nostra piccola esperienza di formazione. E' stata una bella sorpresa e una piacevole esperienza; abbiamo attraversato paesaggi naturali paradisiaci, anche noi accompagnati dalla "nostra" Beatrice (nome omen). Abbiamo giocato, abbiamo imparato qualcosa di nuovo, abbiamo iniziato a conoscerci e riconoscerci in un ambito ristretto che - pur essendo maggiormente controllabile - è stato uno spazio in cui abbiamo dovuto esporci, non avendo la possibilità di "nasconderci nella numerosità". Ci siamo sentiti parte di un gruppo.

Sabato mattina, alla fine, ci siamo ricongiunti con tutti gli altri e abbiamo capito.
Abbiamo capito che non eravamo diversi noi, solo il percorso era diverso. Lassù, al Vioz, c'era *tutta* Climaveneta: c'eravamo anche noi e, una volta scesi, dovevamo fare in modo che ci fossero anche quelli che erano rimasti in ufficio a lavorare.

Di certo non ci siamo sentiti di serie B, così come Buffon non si sente meno importante perché non segna un gol ad ogni partita. Però ci sono anche rimaste delle domande senza risposta: le due esperienze, sicuramente diverse e divise, potevano (dovevano?) essere ricomposte?
E come era stata l'esperienza formativa del gruppo che era salito? Era solo una nostra impressione o nel loro caso l'aspetto "fisico" era stato prevalente, mentre la formazione era stata "lasciata" alla salita, come una specie di effetto collaterale?

In ogni caso, se all'inizio eravamo dubbiosi, ora eravamo totalmente convinti che fosse stata un'esperienza che andava vissuta. E ci sentivamo di voler ringraziare chi ci aveva dato la possibilità di farcela provare.


"Allora, come è andata?" insistevano i colleghi, vedendomi un po' titubante.
"Bella esperienza, davvero" sono riuscito a dire, alla fine.
"Ah... a proposito... Lo sapete che io non sono salito fin lassù, vero?".

lunedì 22 luglio 2013

domenica 21 luglio 2013

Le mie riflessioni dopo il Vioz

Ho deciso di mettere per iscritto questa mattina quante più emozioni vissute e riflessioni elaborate durante i due giorni trascorsi insieme e nelle ore successive perché ci tenevo a non dimenticarne nessuna.

Vivere un’esperienza al di fuori del contesto aziendale aiuta a conoscere le persone più per le loro qualità di uomini che di professionisti, ben consapevole che alcuni hanno maggior propensione a mostrarsi per ciò che sono, altri meno. Luigi ha più volte stimolato il gruppo ad esprimere le proprie emozioni, ma non è sempre stato facile. Ognuno è stato più o meno abituato nella propria vita ad aprirsi e ad esternare i propri sentimenti agli altri. Siamo tutte persone che lavorano da diversi anni e in azienda siamo costantemente impegnati a guardare i numeri, prendere oggettivamente delle decisioni, gestire lo stress, analizzare i rischi, capire le cause, risolvere i problemi e ottenere dei risultati.

Occasioni come queste capitano raramente. L’opportunità di raggiungere un obiettivo comune così diverso da quello a cui siamo normalmente abituati e in un contesto, a mio parere, perfetto per condividerlo, è preziosa per rafforzare e amalgamare un gruppo. Ritengo che la montagna sia un ideale palcoscenico in cui si intrecciano la natura, l’imprevedibilità, la dinamicità, l’ampia visione, la visione dall’alto, la disciplina, il silenzio, la riflessione, il rispetto, l’aiuto, la fatica, la fame, la sete, la preoccupazione, la paura e la gioia.

E’ in questo contesto che il gruppo mostra le limitazioni, le debolezze e le preoccupazioni dei singoli. Le persone che hanno vissuto con più difficoltà questa esperienza, per la fatica della salita e della discesa, per le lunghe ore di cammino, per l’asprezza dei sentieri, per l’alta quota, per la mancanza di sonno, hanno certamente allenato la propria resilienza, hanno saputo soffrire e superare gli ostacoli con incredibile determinazione. Chi per limitazioni o problemi fisici, chi per mancanza di allenamento, chi perché non abituato alla montagna, ognuno ha trovato dentro se stesso e con l’aiuto e l’esempio del gruppo la forza e lo stimolo per proseguire.

Altri, o gli stessi ma in momenti diversi, hanno invece saputo vedere le difficoltà o i momenti di sconforto dei compagni, adoperandosi per aiutarli lungo il cammino o presso il rifugio. In queste fasi si è percepita la forza del gruppo che è riuscito a mescolare i punti di forza di alcuni con i punti di debolezza di altri, trovando il migliore ma non sempre facile equilibrio. Chi aiuta e aspetta gli altri e chi si fa aiutare e fa aspettare gli altri, entrambi con il giusto spirito. In questo è determinante l’obiettivo comune del gruppo e l’attitudine e le capacità dei singoli, perché l’equilibrio è di tipo instabile.

Merita poi ricordare il goliardico spirito che abbiamo vissuto tra noi nella camerata all’intero del rifugio, tra risate e battute come spensierati ragazzi in colonia durante le vacanze estive. Ci stava.

Credo che questa esperienza abbia contribuito a migliorare questo gruppo, abbia dato l’opportunità di conoscere qualche lato nuovo di qualcuno, di confermare delle impressioni, di modificarne di altre, di togliere qualche filtro o barriera personale per farsi conoscere o per conoscere, di creare un nuovo feeling, di instaurare maggior fiducia, semplicemente interagendo, parlando, ascoltando, condividendo, osservando, riflettendo. Sono però convinto che la vera sfida di medio termine sia quella di migliorare noi stessi a lavorare e collaborare con qualsiasi nuovo gruppo apparterremo in futuro, più o meno numeroso, più o meno omogeneo per attitudini, capacità e culture personali, per periodi più o meno lunghi, in contesti e con obiettivi diversi.

Infine, penso che tutti ne siamo usciti arricchiti da questa esperienza. Per diversi motivi. Per motivi più didattici, come definire e creare un team di lavoro, organizzare un’attività di gruppo, definire e raggiungere un obiettivo comune. Per motivi più personali, come interagire all’interno di un team e conoscere quali sono le difficoltà che si incontrano insieme e come le si superano, conoscere meglio gli altri e noi stessi, saper aiutare e farsi aiutare, capire i nostri limiti, saperli affrontare, accettare, superare, migliorarsi. Capire quando è il momento di fermarsi.

Ringraziamenti: a Maurizio, Andrea e Alessandra per aver fortemente voluto e organizzato questa bellissima esperienza formativa, ad Alessandro e Andrea che con il loro esempio, determinazione, trasparenza, forza, umanità e fragilità si sono inseriti naturalmente all’interno del gruppo, aiutandoci a riflettere e permettendoci di affrontare nel modo migliore quest’avventura, a Luigi e Tania per averci seguito in modo professionale, suggerendoci i giusti temi di riflessione e fornendoci i contenuti didattici, alle guide alpine, Davide e Massimo, che ci hanno sempre vigilato con discrezione comunque facendoci sentire sicuri, ai fotografi, Marco e Matteo, che con grande abilità e coraggio ci hanno immortalato regalandoci le immagini che ci ricorderanno questa esperienza, al nostro Team Leader e aiuto Team Leader, Marco & Marco, che si sono prodigati per la realizzazione dell’evento e, infine, a tutti noi che abbiamo partecipato, nel modo in cui ognuno si sentiva, ma abbiamo partecipato, condiviso il progetto e raggiunto l’obiettivo comune. Bravi a tutti!     

martedì 16 luglio 2013

GPS

Per chi possiede un GPS ….. ecco la traccia che ho registrato nel 2011 quando sono salito:

Potete scaricare il file GPX al presente link.

La foto dal satellite rende …..

Cattura

domenica 14 luglio 2013

Sono pronto ?

Sono in Val di Sole, seduto al verdissimo parco di Terzolas. Giornata calda, sole. Arriva un SMS: è Matteo che scrive “Da mercoledì brutto tempo. Che fortuna ….”.

Guardo subito le previsioni online, forse temporali, ma penso anche che mancano ancora troppi giorni per delle previsioni attendibili. Poi mi fermo e penso a quanto questa esperienza mi stia già dando molto.A cosa serve preoccuparsi ? Probabilmente ad allenare la nostra Resilienza. Lo racconto a mia moglie, che mi dice “prova a chiedere a Matteo come faceva suo nonno senza internet e le previsioni del tempo quando partiva per scalare le montagne”.

Penso alla giornata con Pietro Trabucchi ed alla sua definizione di Resilienza: “la resilienza psicologica è la capacità di far mantenere alta la motivazione nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.”


Created with flickr slideshow.

Se piove saprò mantenere alta la mia motivazione di arrivare in cima al Vioz ? Sinceramente non vedo l’ora di rivedere certe immagini. Sono pronto.