giovedì 25 luglio 2013

Riflessioni  sull’esperienza del Vioz
Premetto che  non sono uno scrittore   e  la mia mente, più orientata verso le materie scientifiche, mi ha sempre portato  ad una sintesi estremizzata ed a razionalizzare  la mia quotidianità. Questa premessa    mi serve per  farvi capire  che lo sforzo profuso per scrivere queste righe supera di gran lunga la fatica fisica   dell’ascesa al Vioz, ma  ritengo giusto  che  anche io faccia la mia parte di resilienza.
La mattina del 19 , entrato nella sala  ristorante per fare colazione, ho subito percepito l’adrenalina aleggiare nell’aria. Negli sguardi  dei miei compagni  traspariva una fortissima eccitazione  ed una forte convinzione di voler raggiungere la meta. Sicuramente qualcuno  nutriva dei timori, delle paure,  dell’ansia, delle perplessità verso questa meta   che sembrava  sconosciuta  e allo stesso tempo conosciuta  grazie alle informazioni  raccolte, ma  l’energia positiva che aleggiava nella stanza  riusciva  a  nascondere qualunque  perplessità. Anche i ns compagni che per  problemi personali erano stati costretti a  scegliere  un percorso  formativo  “meno fisico”, erano partecipi  dell’eccitazione che aleggiava e,  con grande  spirito di solidarietà e partecipazione, anziché rimanere a dormire beatamente, si sono  alzati per fare  colazione insieme e ci hanno accompagnato fino alla partenza della cabinovia. Bravissimi!!!!!
L’ascesa  è stata fantastica, alle emozioni   del paesaggio si sono unite mille e più sensazioni: lo sforzo fisico è stato del tutto dimenticato di fronte alla volontà di superare gli ostacoli che si presentavano lungo il percorso, mai una nota di  sconforto  ha offuscato la volontà del gruppo di raggiungere la meta tutti insieme. Passo dopo passo è aumentata la  coesione, la  volontà di far fronte comune  per superare le difficoltà, i momenti di debolezza dei singoli sono stati alienati dall’energia e volontà del gruppo. 
La totale mancanza di un leader  mi ha impressionato e mi ha fatto  ripensare agli insegnamenti di Luigi in aula! Ognuno diventava leader  per  portare la propria “eccellenza” al servizio del gruppo in modo del tutto naturale, senza  stimoli o sollecitazione da parte dei compagni, nel momento  in cui   nasceva l’esigenza. C’era la naturale percezione del singolo che in quel momento  il suo apporto era necessario  al gruppo.
Andrea ci ha dato una grandissima lezione di vita affrontando le difficoltà   del percorso con   positività  e serenità,  è stato  capace di rassicurarci e tranquillizzarci ogni qualvolta ci preoccupavamo per lui  perchè lo vedevamo  profondere  degli enormi sforzi fisici per  superare  ostacoli che sembravano  impossibili ai più. Mi rimarrà sempre impressa nella mente  l’immagine di quest’Uomo (la “U” maiuscola è d’obbligo) determinato, equilibrato, sereno, positivo, consapevole delle proprie capacità, qualità, limiti.
Alessandro è stata una vera sorpresa!  Dai diversi commenti  sul blog è sempre  apparso come  l’atleta che ci avrebbe  portato tutti sulle sue spalle  fino al Vioz. Una persona molto  decisa e sicura delle proprie capacità, sempre disposto ad innalzare  l’asticella del  suo limite personale, il classico  uomo  “mi piego ma non mi spezzo”. In realtà ci ha  dimostrato un’umanità sopra ogni limite ed insegnato la vera resilienza  quando ha capito che  il percorso era  al di sopra delle sue aspettative.
Che dire, due grandi maestri di vita!!!!

Tra i Climavenetiani  ci sono stati dei “guys” a  dir poco stoici.  C’è chi ha affrontato e superato la paura  delle vertigini, chi la  sofferenza fisica dovuta allo sforzo, chi la nausea ed il mal di testa dovuto all’altitudine, chi i dolori alle gambe, chi  i dolori causati dai  calcoli (non mi sto riferendo all’algebra!!), chi pur avendo ogni più piccolo muscolo che “gridava vendetta” ha voluto a tutti i costi  portarsi  lo zaino fino alla meta (e ricordatevi che lo zaino  è pesante  pure in  discesa), chi ha aiutato i compagni di spedizione a superare gli ostacoli, chi si è sobbarcato lo zaino degli altri..........riassumendo  per chi non c’era potrei dire  che  avevamo un bel “fritto misto”.

La permanenza  nel rifugio è stata rallegrata dal cameratismo  che si è subito creato  in queste piccole camere stipate con 8  energumeni che hanno saturato l’aria  e consumato l’ossigeno in poche ore. Qualcuno ha definito l’atmosfera da “ragazzi in colonia” ma dalle battute che  circolavano io la definirei più  un cameratismo da vecchi “naioni” (ndr. Militari in servizio di leva).
Nemmeno in rifugio ci siamo dimenticati  dei compagni che   erano rimasti  a valle, scambiandoci foto  goliardiche sulle diverse esperienze. E’ stato un bel modo per   mantenere uniti i due gruppi.
Un’unica precisazione:  in tale camerata oltre a soffrire la carenza di ossigeno, io ho sentito anche la  mancanza di 10 centimetri di letto che mi hanno costretto a  dormire  in parte  in “in posizione fetale” ed in parte con i piedi a sbalzo sopra la sponda del letto.
E così  alle 5.30  mi son ritrovato con qualche  altro collega sofferente di insonnia, a calpestare  la neve   caduta nella notte, respirando  aria fresca in attesa di  rimanere estasiati  dai bellissimi colori di un’alba mozzafiato.

Molto emozionate è stato il ritorno al “campo base” dove abbiamo ritrovato gli amici che nel  frattempo avevano svolto un percorso diverso. Piacevole lo scambio reciproco di complimenti, soddisfazioni ed emozioni, con la voglia di condividere  l’esperienza “a caldo”.
Per concludere  in bellezza la giornata, o egoisticamente per prolungare  più possibile le emozioni della  “due giorni”, ho accompagnato colui che mi definisce  bonariamente “la zecca feltrina” (ma quanto bonariamente??) nell’ascesa fino a Pejo. Casualmente abbiamo  conosciuto un “locale” che, raccontandoci mille curiosità sul luogo, ci ha guidato  in una “vorticosa” discesa per scorciatoie  accessibili solo ai locali, tra baite ed alpeggi, facendo 800 metri di dislivello negativo  in un’ora per poter assaporare  una  fresca birra  con questo nuovo amico.
E adesso sta a noi applicare tali insegnamenti alla quotidianità lavorativa  e non.
…e con questo anche il mio esercizio di resilienza è terminato. Spero di  avervi strappato  almeno una “rosicata”  sufficienza  senza la solita frase di tutte le mie  prof di italiano che senza fantasia immancabilmente alla votazione aggiungevano il commento: “tema grammaticalmente corretto ma  troppo sintetico”.
Ciao
Luigi

2 commenti:

  1. Luigi,
    per non essere uno scrittore mi sembra che hai saputo raccontare in modo dettagliato e veramente sentito l'esperienza del Vioz.
    Devo dire che la foto di Andrea che ammira lo straordinario panorama delle montagne è semplicemente strepitosa; mi ha commosso e profondamente colpito per la sua potenza evocativa di tutti i temi di cui abbiamo parlato in questo blog e negli incontri formativi.

    Grazie del contributo!

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  2. Ciao Luigi,
    ho apprezzato molto il tuo esercizio di "resilienza". Il tuo racconto è fluido e mi fa ricordare tanti particolari dell'esperienza.
    Devo dire che una delle cose che mi ha più colpito è stata l'assenza delle lamentele: dolori muscolari e nausea erano sempre accompagnati dal sorriso.
    Anche la mattina alle 5.30, a vedere l'alba, nonostante il sonno e la mancanza degli scarponi (e quindi tutti in ciabatte sulla neve) stavamo sorridendo. Una bella lezione, da trasportare nella vita di tutti i giorni.
    Ciao

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