Riflessioni sull’esperienza del Vioz
Premetto che non sono uno scrittore e la mia mente, più orientata verso le materie scientifiche, mi ha sempre portato ad una sintesi estremizzata ed a razionalizzare la mia quotidianità. Questa premessa mi serve per farvi capire che lo sforzo profuso per scrivere queste righe supera di gran lunga la fatica fisica dell’ascesa al Vioz, ma ritengo giusto che anche io faccia la mia parte di resilienza.
La mattina del 19 , entrato nella sala ristorante per fare colazione, ho subito percepito l’adrenalina aleggiare nell’aria. Negli sguardi dei miei compagni traspariva una fortissima eccitazione ed una forte convinzione di voler raggiungere la meta. Sicuramente qualcuno nutriva dei timori, delle paure, dell’ansia, delle perplessità verso questa meta che sembrava sconosciuta e allo stesso tempo conosciuta grazie alle informazioni raccolte, ma l’energia positiva che aleggiava nella stanza riusciva a nascondere qualunque perplessità. Anche i ns compagni che per problemi personali erano stati costretti a scegliere un percorso formativo “meno fisico”, erano partecipi dell’eccitazione che aleggiava e, con grande spirito di solidarietà e partecipazione, anziché rimanere a dormire beatamente, si sono alzati per fare colazione insieme e ci hanno accompagnato fino alla partenza della cabinovia. Bravissimi!!!!!
L’ascesa è stata fantastica, alle emozioni del paesaggio si sono unite mille e più sensazioni: lo sforzo fisico è stato del tutto dimenticato di fronte alla volontà di superare gli ostacoli che si presentavano lungo il percorso, mai una nota di sconforto ha offuscato la volontà del gruppo di raggiungere la meta tutti insieme. Passo dopo passo è aumentata la coesione, la volontà di far fronte comune per superare le difficoltà, i momenti di debolezza dei singoli sono stati alienati dall’energia e volontà del gruppo.
La totale mancanza di un leader mi ha impressionato e mi ha fatto ripensare agli insegnamenti di Luigi in aula! Ognuno diventava leader per portare la propria “eccellenza” al servizio del gruppo in modo del tutto naturale, senza stimoli o sollecitazione da parte dei compagni, nel momento in cui nasceva l’esigenza. C’era la naturale percezione del singolo che in quel momento il suo apporto era necessario al gruppo.
Andrea ci ha dato una grandissima lezione di vita affrontando le difficoltà del percorso con positività e serenità, è stato capace di rassicurarci e tranquillizzarci ogni qualvolta ci preoccupavamo per lui perchè lo vedevamo profondere degli enormi sforzi fisici per superare ostacoli che sembravano impossibili ai più. Mi rimarrà sempre impressa nella mente l’immagine di quest’Uomo (la “U” maiuscola è d’obbligo) determinato, equilibrato, sereno, positivo, consapevole delle proprie capacità, qualità, limiti.
Alessandro è stata una vera sorpresa! Dai diversi commenti sul blog è sempre apparso come l’atleta che ci avrebbe portato tutti sulle sue spalle fino al Vioz. Una persona molto decisa e sicura delle proprie capacità, sempre disposto ad innalzare l’asticella del suo limite personale, il classico uomo “mi piego ma non mi spezzo”. In realtà ci ha dimostrato un’umanità sopra ogni limite ed insegnato la vera resilienza quando ha capito che il percorso era al di sopra delle sue aspettative.
Che dire, due grandi maestri di vita!!!!
Tra i Climavenetiani ci sono stati dei “guys” a dir poco stoici. C’è chi ha affrontato e superato la paura delle vertigini, chi la sofferenza fisica dovuta allo sforzo, chi la nausea ed il mal di testa dovuto all’altitudine, chi i dolori alle gambe, chi i dolori causati dai calcoli (non mi sto riferendo all’algebra!!), chi pur avendo ogni più piccolo muscolo che “gridava vendetta” ha voluto a tutti i costi portarsi lo zaino fino alla meta (e ricordatevi che lo zaino è pesante pure in discesa), chi ha aiutato i compagni di spedizione a superare gli ostacoli, chi si è sobbarcato lo zaino degli altri..........riassumendo per chi non c’era potrei dire che avevamo un bel “fritto misto”.
La permanenza nel rifugio è stata rallegrata dal cameratismo che si è subito creato in queste piccole camere stipate con 8 energumeni che hanno saturato l’aria e consumato l’ossigeno in poche ore. Qualcuno ha definito l’atmosfera da “ragazzi in colonia” ma dalle battute che circolavano io la definirei più un cameratismo da vecchi “naioni” (ndr. Militari in servizio di leva).
Nemmeno in rifugio ci siamo dimenticati dei compagni che erano rimasti a valle, scambiandoci foto goliardiche sulle diverse esperienze. E’ stato un bel modo per mantenere uniti i due gruppi.
Un’unica precisazione: in tale camerata oltre a soffrire la carenza di ossigeno, io ho sentito anche la mancanza di 10 centimetri di letto che mi hanno costretto a dormire in parte in “in posizione fetale” ed in parte con i piedi a sbalzo sopra la sponda del letto.
E così alle 5.30 mi son ritrovato con qualche altro collega sofferente di insonnia, a calpestare la neve caduta nella notte, respirando aria fresca in attesa di rimanere estasiati dai bellissimi colori di un’alba mozzafiato.
Molto emozionate è stato il ritorno al “campo base” dove abbiamo ritrovato gli amici che nel frattempo avevano svolto un percorso diverso. Piacevole lo scambio reciproco di complimenti, soddisfazioni ed emozioni, con la voglia di condividere l’esperienza “a caldo”.
Per concludere in bellezza la giornata, o egoisticamente per prolungare più possibile le emozioni della “due giorni”, ho accompagnato colui che mi definisce bonariamente “la zecca feltrina” (ma quanto bonariamente??) nell’ascesa fino a Pejo. Casualmente abbiamo conosciuto un “locale” che, raccontandoci mille curiosità sul luogo, ci ha guidato in una “vorticosa” discesa per scorciatoie accessibili solo ai locali, tra baite ed alpeggi, facendo 800 metri di dislivello negativo in un’ora per poter assaporare una fresca birra con questo nuovo amico.
E adesso sta a noi applicare tali insegnamenti alla quotidianità lavorativa e non.
…e con questo anche il mio esercizio di resilienza è terminato. Spero di avervi strappato almeno una “rosicata” sufficienza senza la solita frase di tutte le mie prof di italiano che senza fantasia immancabilmente alla votazione aggiungevano il commento: “tema grammaticalmente corretto ma troppo sintetico”.
Ciao
Luigi
Luigi,
RispondiEliminaper non essere uno scrittore mi sembra che hai saputo raccontare in modo dettagliato e veramente sentito l'esperienza del Vioz.
Devo dire che la foto di Andrea che ammira lo straordinario panorama delle montagne è semplicemente strepitosa; mi ha commosso e profondamente colpito per la sua potenza evocativa di tutti i temi di cui abbiamo parlato in questo blog e negli incontri formativi.
Grazie del contributo!
Ciao Luigi,
RispondiEliminaho apprezzato molto il tuo esercizio di "resilienza". Il tuo racconto è fluido e mi fa ricordare tanti particolari dell'esperienza.
Devo dire che una delle cose che mi ha più colpito è stata l'assenza delle lamentele: dolori muscolari e nausea erano sempre accompagnati dal sorriso.
Anche la mattina alle 5.30, a vedere l'alba, nonostante il sonno e la mancanza degli scarponi (e quindi tutti in ciabatte sulla neve) stavamo sorridendo. Una bella lezione, da trasportare nella vita di tutti i giorni.
Ciao