Non so se scrivere i primi post
di questo blog da malato è una dimostrazione di Resilienza, forse lo è… sicuramente
questi giorni trascorsi fermo a letto mi hanno dato l’opportunità di approfondire
il testo di Pietro Trabucchi,
“Perseverare è Umano” (quello che abbiamo distribuito durante il nostro
primo incontro) e la pubblicazione precedente “Resisto dunque sono” del 2012. Devo dire che ho trovato entrambi
molto centrati, di grande utilità ed esplicativi sul tema della Resilienza
quale capacità di persistere, di mantenere la motivazione nonostante gli
ostacoli e le difficoltà; caratteristica che ci distingue dagli altri mammiferi
e animali viventi. La Resilienza si
può allenare: vi sono fattori culturali ed ambientali, che ne influenzano le
dinamiche e il proprio sviluppo, ma essere e diventare resilienti dipende
fondamentalmente da noi, dalla nostra mente, dalla nostra preparazione
psicologica nell’affrontare gli eventi. Sempre di più in ambito sportivo i
fattori che determinano un performance vincente a parità di preparazione sono:
l’atteggiamento mentale (Attitude),
l’automotivazione o autoefficacia (Motivation),
la fiducia nelle proprie capacità (Faith)
e lo spirito di sacrificio (Hardiness).
Cruciale la capacità del singolo di interpretare e valutare dal punto di vista
cognitivo gli eventi in modo equilibrato e non distorto o disfunzionale
(catastrofizzazione, pensiero dicotomico - tutto o nulla, ipercriticizzazione,
ipergeneralizzazione, astrazione selettiva, minimizzazione, etc..). Spesso
la nostra mente è più occupata a difendere il nostro ego dal senso di fallimento,
dalla una diminuzione dell’autostima o dalla possibile sofferenza emotiva e
ciò devia il nostro percorso di consapevolezza e crescita. Pensate a quante
volte siamo portati a nascondere i nostri errori, anche involontariamente o a
crearci alibi o a dare ad altri le responsabilità delle nostre lacune,
piuttosto che affrontarle o condividerle. Ciò è sicuramente influenzato dalla
nostra cultura che preferisce ricercare il colpevole, piuttosto che le
soluzioni. Predilige il rimprovero, la punizione rispetto all’ascolto attivo,
alla comprensione o alla costruzione di nuovi scenari risolutivi. Ho apprezzato
molto Alessandro durante il nostro primo incontro, perché ha esorcizzato in
qualche modo il termine FALLIMENTO rispondendo ad una domanda di Riccardo, non
esistono fallimenti esistono obiettivi non raggiunti, elementi che sono mancati
verso il conseguimento di una meta, aspettative disattese, ma che rappresentano
anche uno step necessario, di stimolo per comprendere e migliorarsi nell’
affrontare nuove sfide in un cammino evolutivo continuo. Utilizzo le parole di
Marco Olmo, noto runner, diventato campione del mondo all’età di 58 anni, dopo
aver vinto l’ultra trail du Mont Blanc,
la gara di resistenza più importante e dura del mondo (167 km attraverso
Francia, Italia e Svizzera, oltre 21ore di corsa ininterrotta): “Alla fine nella vita siamo tutti dei
perdenti..nella corsa se sei davanti sei davanti perché contano il tuo impegno
e le tue capacità” aggiungo io nella corsa quello che dai ti viene
restituito è una disciplina mi piace definirla etica, onesta dove ciò che dai
ti ritorna, lo sport dovrebbe essere tutto così…ma come sappiamo noi esseri umani cerchiamo in qualsiasi ambito espedienti e scorciatoie per agevolarci…. Vi
consiglio di leggere il suo libro “Il Corridore” un testo di pura poesia che fa
comprendere realmente cosa significhi essere resilienti e che ci fa capire
quanto il fallimento così lo indentiamo comunemente noi non esista.
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