sabato 10 agosto 2013

Senza domande non troveremo risposte.

É quasi un mese che cerco di raccogliere i pensieri che possano dare voce alle emozioni provate durante i giorni del Vioz.
Appena arrivato a casa, ma già anche prima durante il viaggio, sono stato pervaso da un grande senso di frustrazione e delusione che mi ha accompagnato per un lungo periodo, e che solo negli ultimi giorni si sta attenuando; dopo estenuanti riflessioni sul senso di ciò che abbiamo fatto.
Ho pensato molto al perché di tale sconforto, ho cercato di dare un nome a tutto questo e di risalire alla causa; senza trovare sollievo.
Eppure tutto si è svolto come da programma; l'obiettivo è stato raggiunto da tutti e fra i componenti della spedizione c'è stata totale condivisione e collaborazione in un clima sereno, dall'aria famigliare.
Allora mi domando cosa avrei desiderato di piú? Cosa avrebbe appagato pienamente la mia sete di successo?
Ho realizzato che il problema sono le aspettative; quelle che costruiamo nella nostra mente per darci la motivazione necessaria a muoverci. Quelle aspettative che ci fanno pregustare l'ebbrezza del successo proiettando e anticipando in noi quello che proveremo una volta raggiunto l'obiettivo. Un po' come il Trailer di un nuovo film; che ci mostra le scene migliori per convincerci ad andare a vederlo. Ma quante volte siamo usciti delusi da una sala perché il trailer ci aveva anticipato il sapore di un'emozione che poi non si é rivelata all'altezza?
Così ho compreso che la mia mente, aveva creato tutta una serie di eventi che avrebbero dovuto succedersi in un certo ordine, e con una determinata intensità emotiva. Ma avevo dimenticato che proprio per questo si chiama 'mente'; perché crea qualcosa di immaginario, che ancora deve avvenire, per ingannarci. Mente, appunto.
E il problema è che noi crediamo alla nostra mente, nel bene e nel male. Le crediamo quando ci mostra degli ostacoli, quando ci fa credere che senza una gamba non possiamo andare a 40km/h in bicicletta o raggiungere una cima di 3500mt. Ma le crediamo anche quando ci fa apparire una difficoltà meno preoccupante di quanto lo sia realmente, quando ci fa sentire invincibili di fronte a una situazione da non sottovalutare.
Personalmente mi ero convinto che l'ascesa al Vioz non ci avrebbe impegnato per più di 4 ore in una facile camminata, considerando anche gli eventuali problemi dovuti alla quota e alla stanchezza.
Invece, solamente per arrivare al rifugio Mantova, ci sono volute quasi 6 ore; un tempo esageratamente fuori dalla mia portata per rimanere in piedi sulle mie gambe. Non avevo pensato prima, che l'obiettivo era arrivare, senza un limite di tempo prefissato. Forse avrei dovuto dirlo, condividerlo col gruppo facendo presente che la mia autonomia sarebbe stata al massimo di 3/4 ore, dopodiché avrei avuto difficoltà.
Difficoltà che non si sono fatte attendere durante la discesa, lungo la quale ho avvertito da subito che l'affaticamento muscolare del giorno prima avrebbe reso tutto più difficile.
Probabilmente il senso di spossatezza e i dolori  hanno giocato un ruolo importante nella percezione di quanto stavamo facendo, e mi sono ritrovato solo, ad affrontare il peso di una situazione inaspettata, vissuta totalmente fuori dalla mia zona di comfort.
Resta il fatto che comunque sono salito e sono sceso, sulle mie gambe, insieme a tutti i componenti della spedizione. Quindi posso ritenerlo un successo nonostante la delusione?
Cos'è più importante? Il raggiungimento dell'obbiettivo o il senso di gratificazione che rimane dentro ognuno di noi?
Come dire, è meglio un ricco stipendio o la consapevolezza di esserselo meritato e guadagnato con impegno?
Non so se verrò mai a capo di questi nodi filosofici; ma qui entra di nuovo in gioco la resilienza, ovvero spostare l'attenzione, cambiare il punto di vista, reincanalare le risorse per giungere a una nuova, mutata condizione.
Mi trovo ad affrontare un quesito che mai prima d'ora mi ero posto, e questo è già un successo
Avere nuove domande è il segreto per trovare nuove risposte e scoprire, prima o poi, nuove soluzioni.
Non è forse l'ascesa, la metafora per giungere a una condizione di maggiore consapevolezza, dalla quale possiamo osservare con distacco, come eravamo, e gettare le basi per quello che vorremmo diventare?
Un po' come quando arrivati al rifugio Mantova, guardavamo Pejo giù in basso, e pensavamo da dove eravamo partiti, godendo del senso di benessere di quella vista ma già rivolti a quell'ultimo sforzo verso la vetta, poco più su.
E allora credo che non sia più tanto importante chi sia salito oppure no, se in 4 ore o in 7; ma piuttosto che il segreto del successo dell'esperienza Vioz sia nelle domande che ognuno di noi si è portato nel cuore, se queste saranno il seme per la trasformazione in un 'essere' (sia verbo o sostantivo) migliore.
Grazie a tutti per la splendida esperienza, vi abbraccio.















1 commento:

  1. Grazie del Post, Ale.
    Ho una domanda da farti: le aspettative di cui parli, che ti eri fatto prima dell'attività, erano consapevoli o te ne sei reso conto solo dopo ?
    Mi spiego meglio: le aspettative erano a livello conscio o a livello inconscio ?
    Ciao

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